25 aprile 2011

Una favola per mia figlia: "LA VERA STORIA DEL GRANDE MAGO MERLINO"

Il bambino Merlino
Quando nacque, Merlino non era un mago; era un piccolo bambino.. In questo senso, in effetti, era un po’ mago. Lo era come lo sei tu e come lo sono tutti i piccoli bambini.
Il destino però riservò a Merlino una fortuna particolare. Fortuna o sfortuna? Chissà?! Lo valuterai te continuando a seguire la storia. La fortuna (o sfortuna) del piccolo Merlino, fu quella che tutti si aspettavano che egli sarebbe diventato un grandissimo mago, tutti ne erano certi.
Nessun genitore si aspetta che il proprio bambino diventi un mago; semmai un professore, un calciatore o un attore, ma un mago, mai! Così succede di solito che i piccoli bambini, pur essendo tutti un po’ maghi, non lo potranno diventare mai perché sono troppo impegnati a diventare professori, calciatori o attori. Quasi tutti i piccoli bambini rinunciano così a diventare dei maghi, per non deludere i loro genitori.
Il risultato di tutto questo è che il mondo è pieno di professori insoddisfatti, calciatori tristi e attori falliti, il mondo è malinconico e del tutto privo di magia.
Torniamo ora al nostro piccolo Merlino: una serie di profezie e di presagi, avevano convinto i suoi genitori, l’intera famiglia e anche i vicini di casa che Merlino fosse una creatura magica, con poteri soprannaturali e che fosse destinato a diventare il più grande di tutti i maghi.
Detto tra noi, lo avrai capito, Merlino non aveva alcun potere soprannaturale, nessun potere in più di quelli che hai tu o che ha qualunque altro piccolo bambino. Ma a Merlino nessuno disse mai frasi come “non dire sciocchezze!” oppure come “smettila di parlare con gli amici immaginari, non esistono, sono tutte fantasie” o anche “non puoi fare così, quella cosa è impossibile” o “cosa vuoi sapere tu che sei solo un bambino!”. Nessuno pronunciò mai a Merlino queste frasi perche tutti avevano rispetto (e quasi timore) dei suoi poteri soprannaturali.

Il mago Merlino
Fu così che un piccolo bambino, senza i freni che generalmente il mondo degli adulti impone, diventò il più grande dei maghi.
Tutti ma proprio tutti credevano in lui: credevano in qualunque cosa dicesse, così ciò che Merlino diceva, si avverava puntualmente non grazie al suo potere ma grazie all’assoluta convinzione di chi lo ascoltava.
Poco per volta anche Merlino inizio a credere fermamente in se stesso: qualunque cosa volesse fare o ottenere, il suo desiderio si realizzava immediatamente. Anche questo non accadeva per qualche fluido o potere paranormale di Merlino, tutto accadeva soltanto perché Merlino stesso non aveva alcun dubbio che le cose sarebbero andate in quel modo, si era convinto presto di essere il più grande dei maghi.


I re lo invitavano a corte per godere della sua saggezza e fruire dei suoi consigli. Le belle dame cercavano di sedurlo per ottenere un po’ della sua magia. I generali lo portavano sui campi di battaglia per terrorizzare gli avversari.
Merlino si accorse presto di non essere mai stato bambino: tutti da sempre lo volevano e quindi lo vedevano come mago. Mai come bambino, mai come uomo.
Tutto questo era un fardello pesante da portare. Appena poteva, Merlino correva a rifugiarsi nella sua foresta: una foresta immensa, spesso coperta da una fitta nebbia. Un luogo inaccessibile, l’ideale per trovare rifugio dalle aspettative di tutti. Si addentrava nella foresta e camminava senza sosta per allontanare da se i desideri dei re, delle dame e dei generali. Camminava veloce, ripetendo a se stesso: “Io non sono solo un mago - Io non sono solo un mago”.
“Ma cosa sono se non sono un mago?”
“Chi sono io?”
E vagava per giorni e giorni fino a dimenticare tutta quella folle storia di essere mago, fino a ritornare bambino, a giocare con gli animali del bosco, con le fate e i folletti. Tornava bambino, restava magico senza per questo sentirsi un mago.
Alla fine però doveva sempre tornare nella realtà: qualcuno lo mandava a cercare, a volte un re, a volte una dama o un generale. Doveva tornare e tutto quel mondo semplice e fatato sembrava sparire ma non perché non esistesse più, semplicemente perché nessuno tranne lui (e qualche piccolo bambino) era in grado di vederlo. Per i re, le dame e i generali, la magia era solo in Merlino; per Merlino la magia era ovunque.

Il mago in crisi
La sua fama cresceva di anno in anno e con la fama anche le aspettative sui suoi interventi magici. Arrivò così il giorno in cui il re gli chiese di distruggere l’intero esercito nemico. Merlino sapeva di poterlo fare facilmente ma sapeva anche che la magia non può mai essere usata per fare del male. Per questo cercò in tutti i modi di rifiutarsi ma dire di no a un re, non è facile, neppure per un grande mago.
Così Merlino, da solo, affrontò l’esercito nemico. Tentò di spaventarlo e di bloccargli la strada con tempeste, frane, alluvioni e terremoti. Usò con maestria il suo potente bastone magico ma l’esercito nemico non indietreggiava. Fu allora che mise troppa energia nell’incantesimo e un’enorme frana si staccò dalla montagna costringendo tutti i soldati avversari a gettarsi in mare per salvarsi la vita.
La battaglia era vinta, il re esultava di gioia ma Merlino sentiva di doversi fermare.
Ancora una volta cercò rifugio nella sua foresta. Camminò per giorni interrogandosi su come smettere di essere mago e tornare a essere solo un essere umano. Nella foresta era tutto più facile, nessuno si aspettava da lui che fosse un mago e lui, finalmente si sentiva libero. La soluzione però non poteva essere quella di vivere nella foresta: aveva voglia di vita normale, di compagnia, di amicizia, di amore. Già, l’amore.. aveva vissuto oltre 100 anni e aveva conosciuto dozzine di dame ben disposte nei suoi confronti ma solo perché interessate ai suoi poteri. Mai aveva potuto abbandonarsi all’amore perché nessuna donna si era dimostrata interessata a conoscerlo come persona prima che come mago.

La dama di Merlino
Si sentiva solo e tremendamente stanco. Si sedette su una roccia a fianco di una sorgente con l’intento di riposare e meditare un po’. Di lì a poco giunse una giovane donna con una brocca a raccogliere acqua dalla sorgente. Lo salutò come si saluta un anziano forestiero, non come si saluta il grande mago Merlino. Il suo saluto fu al tempo stesso staccato e cordiale, formale e affettuoso. Merlino capì che la giovane donna non lo conosceva (o almeno non lo aveva riconosciuto) e ne fu ben felice: per una volta poteva comportarsi come una persona normale.
Così fece: scambiò quattro parole di circostanza con la giovane la quale rispose con garbo e cortesia. Merlino si fece coraggio e continuò a parlare del più e del meno in maniera normale (come mille volte aveva sentito fare dalle persone comuni). I due chiacchierano così, in maniera normale, per circa un’ora. Merlino era al settimo cielo, era la prima conversazione “normale” in tutta la sua vita! Trovò addirittura il coraggio di invitare la giovane e tornare alla sorgente all’indomani. Ella in tutta risposta, allontanandosi, sorrise un: “chissà!”
Quella notte Merlino non chiuse occhio, moriva dalla voglia di rivedere la giovane donna e di riprendere quella normalissima conversazione. Di dormire proprio non ne sentiva il bisogno.
La dama tornò puntuale il giorno dopo e parlarono ancora per ore.. di argomenti normali, di cose umane, forse semplici ma tra una parola e un’altra, iniziarono a conoscersi un po’.
S’incontrarono per quattro pomeriggi consecutivi. Nessuno mai aveva ascoltato Merlino parlare di sé come persona, non come mago. Per la prima volta merlino si stava sentendo amato!
Per oltre cento anni era stato cercato, stimato, rispettato, temuto, invidiato, considerato, ammirato, forse anche venerato ma amato, mai.
Non si ama un mago (ma neppure un professore, un calciatore o un attore).. si può amare davvero soltanto una persona per quello che è profondamente.
Al quinto incontro, Merlino, guardandosi bene dal rivelarle la propria identità, le confessò che quei dialoghi erano per lui preziosi e che da tanto tempo (da oltre 100 anni avrebbe voluto dire) non si sentiva così bene. La dama, lusingata, propose di incontrarsi nel borgo dove viveva, ai margini della foresta, il giorno seguente. “Non verrò più qui alla sorgente se domani a mezzogiorno non sarai nella piazza del paese.. la mia casetta è proprio lì”. Merlino promise: “Ci sarò! A domani!”.

La decisione di Merlino
Rimasto di nuovo solo nella foresta valutò attentamente il da farsi: andare al paese significava certamente essere riconosciuto. La sua magia e il suo potere gli davano un aspetto inconfondibile da saggio senza età.
Avrebbe potuto facilmente trasformarsi, assumere una sembianza diversa.. ma la dama, come lo avrebbe riconosciuto? E poi, basta con la magia, proprio ora che qualcuno lo apprezzava come uomo. No, non avrebbe usato la magia, anzi era pronto per quella donna a rinunciare a tutti i suoi poteri magici. Ma certo, ecco la soluzione: se avesse rinunciato ai suoi poteri, anche il suo aspetto sarebbe mutato (non tanto da renderlo irriconoscibile per la dama ma a sufficienza per poter negare di essere il famoso mago se mai qualcuno avesse creduto di riconoscerlo).
Rinunciare ai propri poteri magici.. In tanti avrebbero fatto qualunque cosa per avere quei poteri e ora lui stava per rinunciarvi per una donna. No, non solo per una donna. Era una rinuncia che faceva prima di tutto per se stesso, per ritrovare la propria pace, la serenità, la leggerezza; per affrontare finalmente la grande sfida di essere solo un uomo!
Sì, la decisione era presa. Ed era una saggia decisione, degna di un grande mago. Quella notte avrebbe rinunciato al proprio potere e al ruolo di mago e l’indomani avrebbe intrapreso una vita nuova al villaggio, forse con la giovane dama, forse da solo.. Chi poteva saperlo? Il dubbio in fondo faceva parte della sfida di essere un semplice uomo. Sì un uomo, non più un mago. Nessuno più gli avrebbe chiesto profezie, magie o soluzioni. Che sollievo, che leggerezza!
Restava solo un ultimo dettaglio: dove avrebbe riposto i suoi poteri magici? Già, perché era perfettamente in grado, con un’ultima magia, di sfilarseli di dosso come fossero un mantello ma non di annientarli o eliminarli. Andavano quindi nascosti bene perché (lo aveva capito sulla sua pelle) si trattava di un dono estremamente pericoloso. Un dono che non doveva cadere nelle mani di un bambino o di una persona malvagia: il bambino avrebbe fatto del male a se stesso, il malvagio al mondo intero.

L’ultima notte di Merlino
Studiò tutta la notte la più grande delle sue magie: non esisteva niente di simile sui libri, dovette inventare dal nulla il rituale e la formula magica. Scrisse il rituale, lo provò un paio di volte, poi imparò a memoria la formula magica (una frase in latino antico che non posso ovviamente pronunciare).
Alle quattro di mattina, tutto era pronto. Prima che il sole sorgesse, si recò presso una grande quercia che sorgeva nella zona nord ovest della foresta. Era questa pianta secolare che avrebbe custodito i suoi poteri magici.
Si sedette tra le radici dell’albero, appoggiò la schiena al solido tronco, si concentrò a fondo. Poi piantò con forza il suo bastone magico nel terreno, tra le sue gambe incrociate e gridò a gran voce:
“Io, il grande mago Merlino, oggi rinuncio a tutti i poteri magici che gli altri da sempre mi hanno attribuito. Passo ogni goccia di questo potere alla quercia sulla quale ora appoggio. Essa diverrà un albero magico e conterrà la magia di Merlino finché il più puro dei cavalieri, compiuti i quarant’anni, sarà in grado di liberarla. Quanto a me, da oggi sarò una semplice persona, capace come tutti di fare le proprie magie quotidiane in virtù delle proprie forze e non delle altrui proiezioni ed aspettative”.
Poi, con voce ancora più alta, pronunciò la formula magica (segreta). In quell’attimo, come colpito da un fulmine, l’albero tremò ma anziché bruciare, fu ricoperto all’istante da uno strato uniforme di muschio verde, soffice e splendente.
Merlino un po’ provato dallo sforzo, si alzò lentamente sentendo per la prima volta qualche dolorino alle ossa. “Sarà l’età” pensò. Si sgranchì le gambe e, leggero come non mai, si mise in cammino verso il villaggio.

E poi?
Da quella notte sono passati oltre 600 anni. Merlino ha vissuto, ha amato, ha sofferto, ha gioito come un essere umano più e più volte. La quercia è cresciuta magica e maestosa. Quasi nessuno sa dove si trovi, nel folto della foresta. Il potere di Merlino è ancora nel tronco perché fino ad oggi “il più puro dei cavalieri” non è stato in grado di recuperarlo.
Come faccio a sapere tutto questo?
Perché ho fatto un viaggio di duemila chilometri per cercare la quercia di Merlino nel folto della foresta e l’ho trovata.. ma avevo solo trentanove anni.


Questa comunque è un’altra storia.

Buona notte.

14 marzo 2011

In libreria: "Sciamanager - La via energetica alla leadership tra sciamanismo e management"

Ho iniziato a scrivere questo libro su un taccuino, la prima pagina è intestata con la data "marzo 2001".

Ricordo ancora, ero sull'appennino e camminavo in mezzo alla neve. Solo. Era quasi il tramonto, mi accingevo a montare la tenda per la notte.
Prima di tutto però il fuoco. Prima che facesse buio, prima che il freddo diventasse fastidioso.

Appena la fiamma è stata sufficientemente viva per scaldarmi le mani, ho iniziato a scrivere come se avessi la certezza che quelle pagine sarebbero un giorno diventate qualcosa di più.
Scrissi:

"Questo libro nasce in un bosco, su una montagna, tra sole e vento. Nasce su di un taccuino o su un semplice foglio di carta stropicciata.
Nasce negli anni, lentamente e in silenzio nel mio cuore, il cuore di un uomo, ben lontano dall’avere il diritto di scrivere di leadership o di sciamanesimo.
Ho a lungo vissuto diviso: spaccato tra quanto mi sollecitava dall’esterno e quanto si agitava (spesso in silenzio) dentro me; tra la mia storia personale che mi inchiodava al passato e un sogno vibrante che mi proiettava nel futuro. Questo libro nasce quindi dalla mia nostalgia e si sviluppa lungo il mio cammino solitario, passo dopo passo, verso casa.
Ti inviterò nel bosco ma sappi che vivo in città e che come te, lavoro nelle aziende a contatto costante con operai, impiegati e dirigenti. Ti inviterò nel bosco perché da anni mi reco là per ricercare brandelli di saggezza e accumulare l’energia necessaria a vivere impeccabilmente in città e a lavorare impeccabilmente all’interno delle aziende, al tuo fianco.
[...]
Da troppo tempo ho iniziato a rifugiarmi nel bosco, nella notte, nel silenzio; da troppo tempo sono alla ricerca di ciò che nessuno potrà mai togliermi, di ciò che potrò ottenere senza privarne nessuno. Io sono un cacciatore di energia. Questo libro è una mappa del mio viaggio sulle tracce del mio potere personale.
Allora se anche tu vivi in città o lavori in un’azienda potrai essere interessato a vedere il tuo mondo con gli occhi selvatici di chi si rifugia nella natura alla ricerca di un senso, a caccia di se stesso."

Ora, a distanza di anni, quel libro è realtà.




19 febbraio 2011

Arrivi tu..


Cento nodi alle stelle,
perché l’una mi protegge,
l’altra mi ispira, l’altra ancora mi cura;
questa mi guida e quella mi rincuora,
questa mi canta la nenia del passato e quella l’inno del futuro.
Se sto in piedi a testa alta, lo devo ai miei rami annodati alle stelle.

Cento radici nel terreno,
perché l’una mi nutre,
l’altra mi trattiene a terra, l’altra ancora mi da equilibrio e stabilità;
questa mi porta sostentamento e quella mi indica il centro,
questa mi ricorda la famiglia da cui provengo e quella attinge direttamente da ogni mia passata esperienza.
Se ho una forma di saggezza e stabilità, lo devo alle mie radici abbracciate alla terra.

Così, durante il cammino mi stavo trasformando in un albero e proprio quando la magia stava per restare impriogionata nella solidità del tronco, arrivi tu aliberare il mago dalla corteccia.

30 gennaio 2011

SROTOLATORI DI PAESAGGI

(immagine rubata a Stefania Toffolon.. non me ne voglia)


Essere impeccabili guerrieri significa avere una méta e un profondo amore per il cammino.

Essere impeccabili guerrieri significa camminare con infinito rispetto per i compagni di viaggio, per se stessi e per ogni singolo passo.


Essere impeccabili guerrieri però significa anche commettere errori lungo la via, sbagliare direzione qualche volta, dimenticare di ascoltare un compagno di viaggio o di condividere con lui i dettagli della tabella di marcia.

Essere impeccabili guerrieri è abbracciare in toto la propria umanità, le proprie insicurezze, i propri errori, i propri passi falsi.. E’ accettare tutto questo, prenderne atto e deporne il peso immediatamente ai margini del sentiero, senza portarlo sulle spalle o riversarsarlo su quelle dei compagni di viaggio.

Essere impeccabili guerrieri è camminare a testa alta ma è anche fermarsi a riposare o ad aspettare chi è stanco.

Essere impeccabili guerrieri in fondo, è capire lungo il cammino che non c’è nessuna mèta, nessun ostacolo, nessun bisogno di faticare.. E’ comprendere che il paesaggio nel quale ci muoviamo è la proiezione di ciò che portiamo nella nostra mente.

Allora il guerriero comprende di essere uno srotolatore di paesaggi.

Allora sorride di sé e della propria battaglia.

Allora si siede, depone le armi e si guarda intorno con ritrovata meraviglia.