“Una marcia nel cuore della notte, sotto la luce della luna, nel bosco o nella campagna, lascia una traccia nella memoria che non si cancella tanto facilmente. Sotto le stelle e nell’oscurità l’uomo ritrova il suo stato di creatura proiettata in un universo infinito e
palpitante, s’interroga sulla propria esistenza...
palpitante, s’interroga sulla propria esistenza...
La notte pone l’uomo di fronte alle due facce del sacro: la meraviglia e lo spavento, due modi diversi di essere strappati al mondo delle percezioni ordinarie con qualcosa che va al di là di sé.
Se la notte è un universo di emozioni benevole per alcuni, per altri è un regno di pericoli, una zona senza punti di riferimento che suscita l’orrore del vacillare progressivo di ogni familiarità. La notte urbana non ha questi bagliori, non riveste alcuna dimensione metafisica, a causa del rumore persistente delle auto che cancella ogni traccia di mistero, dell’orizzonte limitato dalle case, e soprattutto della luce diffusa, il cui scopo è appunto quello di neutralizzare la paura”.
Le Breton
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