10 gennaio 2012

Il punto d'unione


Per cambiare occorre energia: l’essere umano, come ogni sistema energetico, cerca configurazioni a dispendio minimo, per questo siamo intrinsecamenti propensi ad un approccio conservativo quando si parla delle nostre abitudini (mentali, emozionali o comportamentali che siano).
Quanti di noi, oggi, hanno “energia libera”? Per ciascuno di noi, il grande ostacolo al cambiamento, è quello di avere costantemente tutta l’energia impegnata e di non disporre quindi della forza sufficiente per affrontare il cambiamento: è più facile restare statici e impiegare l’energia in pensieri, emozioni ed attività routinarie e consolidate, piuttosto che faticare per andare incontro al nuovo, allo sconosciuto. Da qui la difficoltà che tutti sperimentiamo nel mettere in atto reali mutamenti nella nostra consapevolezza e nei nostri comportamenti.

Nel testo “Sciamanager, la via energetica alla leadership tra sciamanismo e management” (ed. Il Punto d’Incontro - 2011) utilizzo una metafora tratta dalla tradizione sciamanica sudamericana, una metafora estremamente efficace per parlare di cambiamento: il punto d’unione.
 
Nella visione tolteca, esiste una sorta di centro energetico capace di spostarsi all’interno del campo energetico umano: questo punto è detto “il punto d’unione”. Il punto d’unione, con il suo movimento, permette all’individuo di portare mutamenti ai propri filtri percettivi.

 
Ogni gruppo sociale condivide una specifica posizione del punto d’unione. Le variazioni tra un gruppo sociale e l’altro si discostano quel tanto che basta per consentire le diverse sfumature nella percezione della realtà. In linea di massima comunque il punto d’unione dell’essere umano, in ogni epoca, è fissato in una posizione pressoché condivisa da tutto il genere umano. Finché il nostro punto d’unione rimane dov’è posto quello di tutti gli altri, la nostra e la loro percezione sono perfettamente allineate.
 

Finchè il punto d’unione è fermo, non abbiamo percezioni che ci spingano al cambiamento: vediamo le cose come le vedono gli altri e aderiamo al “sogno sociale” imperante. Senza uno spostamento del punto d’unione, non c’è spinta al cambiamento. Quando spostiamo, consapevolmente o meno, il punto di unione, si aprono dinanzi a noi orizzonti percettivi nuovi e siamo portati ad accettare nuove possibilità di crescita e di conoscenza.
 

Il punto chiave sul quale voglio soffermarmi è che ogni spostamento del punto d’unione richiede una notevole quantità di energia libera: anche per i toltechi, esiste un nesso forte tra cambiamento ed energia.

Una formazione che, per contesto o modalità di conduzione, non trasmetta energia, non crea i presupposti per dare fluidità di movimento al punto d’unione.
Una formazione che resti troppo vicina agli schemi quotidiani, mancando di stimoli forti, lascia il punto d’unione fermo dove è, non apre orizzonti, non fornisce visioni e non spinge concretamente al cambiamento.
Una formazione che non renda il singolo consapevole del nesso tra energia e cambiamento (magari fornendogli strategie per coltivare il proprio benessere energetico) non è in grado di sorreggere il processo del cambiamento nel post corso.

Nessun commento:

Posta un commento